Cani e maiali da tartufo
Come simpaticamente descritto da Adso, la ricerca del tartufo necessita di uno strumento di cui, purtroppo, gli esseri umani sono piuttosto carenti.
A differenza dei più diffusi funghi boschivi, che molto spesso “spuntano” dall’erba e dal fogliame, rendendosi visibili, il tartufo cresce sottoterra, quindi rimane nascosto alla vista.
Conoscendo le condizioni del terreno, le piante simbionti si possono individuare le aree più favorevoli, ma per sapere esattamente dove scavare è necessario affidarsi all’olfatto. Non sarebbe, per ovvi motivi, possibile fare una ricerca “a tappeto”, che non solo rovinerebbe il terreno, ma danneggerebbe sia le piante che le miche, rendendo impossibile avere una produzione successiva.
Per fortuna l’uomo, da millenni, ha stretto legami con diversi animali. E alcuni di essi si sono dimostrati adatti ad essere addestrati, con pazienza e costanza, per la ricerca del tartufo.
Nel brano citato, vengono usati i maiali, animali dall’olfatto estremamente sviluppato ma con un carattere (e una golosità) che difficilmente si adatta ad un compito così delicato.
Caratteristiche che sono presenti, in misura assai più adatta, nel cane, che ha assunto, nel tempo, il ruolo di strumento principale per la ricerca del tartufo.
Per questo motivo, quando si parla di Tartufi, le immagini mostrano sempre due figure:
– Il cercatore o “Trifolau“, derivante dal nome “trifola” che identifica il tartufo in dialetto piemontese
– il cane o “Trabuj“, che come abbiamo visto ha il compito di individuare i posti dove scavare
Il cercatore di tartufi
Come accennato sopra, il cercatore di tartufi viene definito “Trifolau“, facendo riferimento al nome in dialetto piemontese “trifola” (spesso usato al plurale “trifole“) dato al tartufo.
La figura del trifolau viene rappresentata, tradizionalmente, con alcuni elementi tipici.
Escludendo il cane, di cui abbiamo parlato, spesso vediamo una persona vestita con un pesante tabarro, con un fazzoletto al collo, stivali e cappello, che impugna un bastone e, di frequente, una piccola “zappa”.
L’immagine deriva evidentemente dalle figure contadine, che per secoli abbinavano al lavoro nei campi la ricerca del tartufo, in modo da avere un reddito aggiuntivo, utile e necessario per superare i mesi invernali, dove non è possibile lavorare nei campi (e fare raccolti) o annate non favorevoli.
Gli stivali, gli abiti, i vestiti pesanti sono quindi quelli tipici del contadino / lavoratore, che servono a difendere il cercatore dal freddo durante la ricerca nelle notti di autunno / inverno.
Pur non essendoci un motivo scientifico all’abitudine di cercare tartufi al buio, vi sono diversi fattori che favoriscono questa abitudine.
Per iniziare, essendoci meno profumi e attività, il cane riceve meno stimoli e distrazioni, potendosi concentrare meglio sulla ricerca.
L’oscurità inoltre nasconde anche il luogo del ritrovamento, spesso si narra che i cercatori più esperti facciano apposta lunghi giri (e magari qualche falsa buca) per depistare i concorrenti dal conoscere i punti in cui hanno trovato il tartufo.
Il lato negativo è che, al buio, l’uomo fa più fatica a muoversi, per questo avere un bastone è utile. Come appoggio, come strumento per spostare cespugli e vegetazione senza usare le mani, per fare rumore e allontanare eventuali animali selvatici.
Una volta individuato il prezioso fungo, il cane merita la sua ricompensa, mentre il trifolau inizia la delicata operazione di scavo, usando la zappetta, cercando di indovinare i contorni del tartufo per estrarlo integro, preservandone sia la qualità che il valore.
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